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Le vacanze di René - 3


di July64
24.04.2017    |    20.592    |    6 9.8
"Io avevo appoggiato la testa sulla spalla di mia sorella Jacqueline e lei aveva messo un braccio attorno a me..."
Le vacanze di René - Terza parte

Non credevo che la realtà potesse superare tutte le mie più ardite fantasie. Avevo sperato mille volte di poter toccare le tette di Edith, ma non avrei mai pensato di poterla possedere come era realmente accaduto. Avevo guardato tantissime volte sotto la gonna di Annette, ma non avrei mai neanche sognato che lei potesse essere così entusiasta di farsi scopare da me.

Mi rendevo conto di aver iniziato certamente tardi, rispetto ai miei coetanei, a conoscere le gioie del sesso; in compenso, però, io avevo subito una “iniziazione totale”, stupenda e non graduale, magari attraverso il “petting” con le mie compagne di scuola, come capitava a tanti.

E di questo ero grato, prima che ad ogni altra persona, ad Annette e poi a Edith.

Da quella notte in poi, non vi erano stati più freni alle nostre fantasie. Superato il muro del naturale ed iniziale pudore, tra noi tre non esisteva più alcuna inibizione. Cosicché Annette, per esempio, approfittava di ogni occasione per darmi una “prova d’amore”, come definiva lei l’inginocchiarsi dinanzi a me e succhiarmi il pisello, fino a farmi venire nella sua bocca e ad ingoiare sempre il mio sperma, che lei diceva di gradire più della cioccolata.

Anche Edith, pur essendo più riservata, aveva perso i suoi naturali blocchi. Spinta dalla sua amica, maestra di erotismo, ma ancor più dal proprio cronico arretrato sessuale (che non vedeva l’ora di azzerare con il mio aiuto), appena capitava nelle mie vicinanze mi appoggiava il seno ovunque, me lo strisciava sulle braccia quando mi passava accanto. Ed anche lei, come Annette, nei momenti in cui nessuno era nei paraggi, si inginocchiava e prendeva in bocca il mio pisello. In quelle occasioni, contrariamente a tutte le altre volte, nelle quali riuscivo a trattenere anche a lungo la eiaculazione, cercavo di arrivare prestissimo, sia per la paura che gli altri si accorgessero delle nostre manovre, sia perché la voglia delle mie due amiche di sentire il mio sperma nelle loro bocche era irrefrenabile e mi contagiava davvero.

Edith esordiva così “Padroncino, mi offriresti un drink ?”. E senza attendere risposta, neanche due minuti dopo ingoiava tutto quanto il mio pisello riusciva a riversarle in bocca.

Tutto questo mi mandava in estasi.

Le mie sorelle, poi, da quando Virginie si era accorta dei miei movimenti con Annette (e ne aveva certamente parlato con Jacqueline), mostravano un’aria di strana complicità: Virginie mi riservava dei sorrisetti che non erano mai comparsi priva sul suo volto e Jacqueline, stranamente, si comportava come se volesse dirmi qualcosa e non ne avesse il coraggio: il motivo, evidentemente, era la sua naturale riservatezza. Io allora presi spunto da questa apertura che, direttamente o indirettamente, le mie sorelle mi offrivano e, approfittando della nostra naturale intimità e del nostro affiatamento, in uno dei tanti pomeriggi di riposo, visto che eravamo ancora fermi nel porto, in attesa che la mamma terminasse il servizio fotografico, mentre aspettavamo che si riunisse la comitiva per andare in spiaggia, mi confidai con loro.

“Ragazze, vorrei darvi una notizia straordinaria, però dovette promettermi di non prendermi in giro e di non punzecchiarmi su questi argomenti”.

“Dai René” esordì Virginie “se vuoi dirci che ti scopi Edith e Annette non è una novità; ci siamo accorte dei vostri movimenti notturni e non ci sono sfuggiti alcuni rumori e dei lamenti molto significativi che provengono dalla loro cabina, di notte. Immaginiamo che in mezzo ci sia il tuo zampino e non solo quello...”

“Piuttosto.” continuò Virginie molto tranquillamente, “invece di farci inutilmente fantasticare su quello che combinate lì dentro, perché non ci lasciate assistere? Penso che sia un’idea eccellente, soprattutto perché ci evita di costringerci a fantasticare su quello che avviene nella cabina accanto e poi a provvedere diversamente per nostro conto.”

Era evidente che Virginie si riferiva al fatto che si sarebbe masturbata ascoltando tutti quei rumori e quei movimenti che provenivano dalla cabina nella quale Annette, Edith ed io ce la spassavamo. Infatti, sul viso di Jacqueline apparve un improvviso rossore. Lei era molto più riservata di Virginie, però il suo colorito acceso era anche un’ammissione che ciò che avevano soltanto ascoltato provocava in loro una certa eccitazione.

“Che problemi ci sono” risposi io “almeno per quanto mi riguarda io non ho alcuna vergogna, ma dovremmo trovare la maniera di dirlo a Edith e Annette e di fare in modo che non si oppongano”.

“Uh!” aggiunse Virginie “per Annette non devi preoccuparti, se le chiedessero di girare un film porno lei lo farebbe gratis, pur di divertirsi” e scoppiammo a ridere tutti tre.

In quel momento salì a bordo la mamma e tutti accorsero a darle il benvenuto. Quindi il discorso fu bruscamente interrotto e uno sguardo tra noi sigillò l’accordo che l’argomento sarebbe stato ripreso più tardi.

La mamma ci mise al corrente dei progressi - e anche delle soddisfazioni - del reportage di moda. Era entusiasta di tutto, del posto meraviglioso, degli scenari incantevoli, delle indossatrici, dei fotografi e, naturalmente, delle sue creazioni, che avrebbero fatto il giro del mondo. Le brillavano gli occhi, era abbronzantissima e indossava un top di seta che le metteva in risalto il suo seno rigoglioso ed un paio di pantaloni alla marinara che le fasciavano morbidamente i fianchi.

Io mi ritrovai stranamente a guardarla come non mi era mai capitato. Poi, come stranito, mi riscossi e dissi tra me e me: René, ci sono due ipotesi, o essere diventato uomo provoca un cambiamento radicale, nel senso che guardi tutte le donne come se fossero donne e basta e non tue familiari, oppure questa intensa attività sessuale ha fatto di te un erotomane a tempo pieno. In entrambe le ipotesi, il pensiero era sconvolgente, ma ricordandomi che la prima eiaculazione della mia vita si era verificata dopo aver sognato mia sorella Jacqueline nuda, optai per la prima soluzione: divenire uomo, evidentemente, significava spalancare gli occhi su di una diversa realtà e poi l’affetto profondo che io provavo per le mie donne avrebbe potuto comunque giustificare la mia intensa, ma non ancora morbosa attenzione verso di loro.

Trascorremmo il resto della giornata su una spiaggia con una distesa di sabbia bianchissima e acqua di smeraldo. Io mi divertivo con la tavola da windsurf, mentre il sole lentamente calava, tagliando con sciabolate rosso fuoco il candore della sabbia. Le mie sorelle, con la nonna e le zie, erano stese sulla sabbia a prendere il sole.

Mio padre, il nonno e lo zio forse erano in giro per la città. Con un ultimo colpo di reni condussi il windsurf verso la spiaggia e, prima di avvicinarmi alla riva, scesi dalla tavola. Purtroppo calcolai male la profondità del mare e improvvisamente dalla spiaggia mi videro scomparire sott’acqua, mentre il windsurf continuava, da solo, la sua corsa e andava ad arenarsi sul bagnasciuga. Mi sentii trascinare sul fondo, ed avvolgere dal liquido verde turchino del mare polinesiano: ero proprio come in un acquario, pesci multicolori mi volteggiavano intorno per nulla impauriti dalla mia presenza. Ero talmente preso da quello spettacolo incredibile che fu solo l’istinto di sopravvivenza a ricordarmi, dopo parecchio tempo, che dovevo riemergere. Avevo una buona resistenza in apnea, ma compresi di essere rimasto troppo a lungo non solo perché i polmoni mi stavano scoppiando, ma anche perché, data la estrema trasparenza dell’acqua, vedevo avvicinarsi molte paia di gambe femminili che si dirigevano verso di me.

Detti un colpo di reni e riemersi tra uno sbuffo di acqua ed un grosso respiro: aria, finalmente. Mi resi conto, allora, che le gambe che avevo visto dal disotto appartenevano, indovinate a chi, alle mie donne! Virginie e Jacqueline, le mie sorelle, le mie zie Jeneviève e Juliette, la mamma, erano tutte accorse in mio soccorso, non vedendomi riemergere. Certamente dalla spiaggia, sulla quale vedevo la nonna passeggiare in ansia e guardare nella nostra direzione, le mie donne non potevano accorgersi che io ero rimasto sott’acqua per godermi lo spettacolo e si erano davvero spaventate non vedendomi riemergere. Avvertivo le espressioni preoccupate dei loro visi che, a poco a poco, si distendevano.

“Che cosa è successo ?” chiesi con aria ingenua, pur rendendomi conto che erano preoccupate per me “ragazze, tutte qui per me ? Quale onore !” E mi avvicinai a tutte loro. Mia sorella Virginie e zia Jeneviève, allora, nuotarono verso di me e cominciarono, per finta, a picchiarmi. “Stupido, ci hai fatto morire di paura. Ma che cavolo credevi di fare?” dicevano l’una e l’altra, a turno. Poi iniziarono a schizzarmi con l’acqua. “Se devi proprio affogare allora ti aiutiamo noi !” Io stetti al gioco e feci finta di annegare di nuovo, spinto sott’acqua da loro. Sprofondai nel mare e, al di sotto della superficie, mi godetti lo spettacolo dei corpi di Virginie e zia Jeneviève immersi nell’acqua di cristallo. Erano stupendi, con le gambe abbronzate che si aprivano e chiudevano nei movimenti del nuoto. Mi immersi ancora di più e poi risalii pian piano verso la superficie, tra i corpi di Vir e zia Jen. Riemersi tra di loro, che non si erano accorte di nulla e le presi entrambe tra le mie braccia. “Ancora tu!” questa era zia Jeneviève “ma non ti sembra di averci fatto spaventare abbastanza?” Allora mise nuovamente una mano sulla testa e mi spinse giù nell’acqua. Io feci ancora finta di affondare e mentre riemergevo, alle spalle della zia, le sganciai il fermaglio del reggiseno del bikini.

“Renè, smettila, sei un maniaco sessuale” disse zia Jen, ma senza eccessiva convinzione.

“Perché mi dici questo, zia ? replicai “Liberati un po’ delle tue abitudini parigine, lascia respirare il tuo corpo, lascia che il sole baci le tue tette.”

Il reggiseno, liberato, cominciò ad affondare ed io mi rituffai per recuperarlo. Risalendo, mi spostai verso la schiena di mia sorella Virginie e ripetei con lei la stessa manovra che avevo fatto con la zia. Solo che questa volta non lo lasciai cadere nell’acqua, ma lo esposi, sventolandolo come un trofeo, tra le risate divertite delle altre mie donne, che, nel frattempo, ci avevano raggiunto e circondato. Era una situazione strana e per me davvero eccitante. Zia Jen che mostrava un po’ (ma non troppo) imbarazzo nel vedersi in topless, mia sorella, al contrario, senza nessun timore. Ed infatti, mentre il seno di zia Jeneviève era bianchissimo e risaltava rispetto al colore bronzeo del resto del corpo, nell’abbronzatura di Virginie non si notavano differenze: segno che lei già prendeva il sole in topless.

“E bravo il nostro René” aggiunse zia Juliette, e, con la sua solita ironia, propose alle altre: “perché non gli diamo una lezione a questo maschiaccio? Prendiamolo!”

Ubbidienti all’ordine impartito da Juliette tutte le ragazze mi afferrarono e mi tennero stretto, mentre io sgambettavo per liberarmi. Ma più ridevo e più mi mancavano le forze per sottrarmi a quella dolcissima “prigionia”. Ad un certo punto zia Juliette, sempre la più intraprendente di tutte, propose: “Ora tenetelo stretto, mi raccomando, non lasciatelo scappare!” Detto questo, con un perfetto colpo di reni si immerse per parecchi metri. Attraverso l’acqua trasparente la vidi riemergere vicino a me, poi scomparve di nuovo; sentii uno sciabordio alle mie spalle e in un attimo i miei boxer da bagno erano scomparsi tra le mani della zia.

“E ora, signorino, sei stato ripagato con la tua stessa moneta” disse con aria di sfida zia Juliette. “Questi li riprenderai sulla spiaggia” e dicendo così infilò i miei boxer nei suoi slip (unici superstiti, dato che il reggiseno lo avevo ancora io in mano, con quello di Virginie). La circostanza che non aveva calcolato zia Juliette era che tutte queste manovre di “sganciamento” di reggiseni e della conseguente visione di due paia di tette favolose, le sue e quelle di mia sorella Virginie, mi avevano provocato una mostruosa erezione, che sino a quel momento era stata tenuta celata dai comodi boxer, poi proditoriamente sfilatimi dalla zia. Mi misi quindi istintivamente in posizione “fetale”, per nascondere quanto più potessi, ma fu tutto inutile: Juliette si accorse di quanto mi stava accadendo e chiamò a raccolta tutte le mie vicine bagnanti. “Ragazze, presto, correte” le incitava “c’è un nuovo pesce in queste acque tropicali; venite a vedere che è successo al piccolo René!” Poi immerse la testa sotto il pelo dell’acqua e la tirò fuori tutta gocciolante. “Piccolo ? Mi correggo! Altro che piccolo..!.” Tutte, persino mia madre, si avvicinarono e, a turno, mettevano la testa sotto l’acqua, della quale sino ad allora avevo apprezzato la trasparenza.e scoppiavano a ridere; quindi ognuna di loro esprimeva il proprio apprezzamento. Il commento più significativo lo ricevetti da mia madre:

“E bravo il mio piccolo, complimenti, e complimenti anche a me che ti ho dotato di un arnese simile. Sai Renè, prima le tue amiche e poi tua moglie mi benediranno, un giorno.!”

Io non sapevo se ridere o vergognarmi: poi vista la naturalezza e la gioia con la quale tutte loro avevano accolto questa “sorpresa” loro riservata dal mio corpo, decisi di mettermi a ridere anch’io. Le risate, si sa, sono contagiose e quindi una tempesta di ilarità ci attraversò tutti. Poi, continuando a ridere, cominciammo a dirigerci, a nuoto, verso la riva, mentre il sole tramontava, spandendo un riflesso rubino sulla superficie dell’acqua verde: uno spettacolo da togliere il fiato.

Il problema si pose nuovamente quando si trattò di uscire dall’acqua. La mia erezione (anche perché la temperatura dell’acqua tropicale si manteneva sempre intorno ai 27 gradi, e quindi non c’era speranza che il freddo facesse ridimensionare il mio affare) persisteva gagliarda ed allora, vista la positiva accoglienza, da parte della zia e di mia madre, decisi di offrirmi ardito alla vista di tutti, anche perché sulla spiaggia, a quell’ora, non c’era nessuno, ad eccezione della nostra famiglia.

Con massima naturalezza, quindi, mi sdraiai sulla spiaggia e mi godetti il bacio, sulla pelle bagnata, degli ultimi raggi di sole: un massaggio delicato che contribuì anch’esso al perdurare della erezione, che non potevo più nascondere, dato che zia non aveva alcuna intenzione di restituirmi i boxer.

Dovetti infine subire un’altra battuta, addirittura della nonna, che si era avvicinata per esaminare anche lei il mio stato: “Ragazzo” mi disse con calma ed apparente serietà “non puoi andare in giro così armato, senza porto d’armi ! Sarai arrestato, prima o poi.”

Fu la ciliegina sulla torta dell’ilarità che si propagò per tutto il gruppo.

Mentre le ultime risate si spegnevano sulla spiaggia, mia madre, le sue e le mie sorelle iniziarono a progettare la vacanza vera e propria, che avrebbe dovuto iniziare due giorni dopo, una volta finite le riprese. Mamma avrebbe accompagnato la troupe e i componenti dell’atélier all’aeroporto e poi saremmo finalmente partiti per un tour delle isole polinesiane.

Io, con il trofeo al dio sole ancora inalberato, ascoltavo attentamente e non vedevo l’ora di imbarcarmi in questa crociera, che si presentava stupenda: se la prima spiaggia visitata era questa meraviglia, chissà le altre, inesplorate, bianche, trasparenti che cosa sarebbero state. E chi sa quali altre intriganti situazioni avrebbero potuto “condire” la nostra vacanza.

Fino a quando il mio pisello non decise che non vi erano più situazioni che richiedessero la sua presenza, le donne di famiglia si prodigarono chi in complimenti, chi in accenni, più o meno pesanti, alle gioie delle mie partners. Poi, finalmente, zia Juliette si decise a restituirmi i boxer, che indossai di nuovo e tutti quanti rientrammo alla barca, dove trovammo una elegante tavola imbandita all’aperto, sul ponte di poppa: Edith e Annette ci avevano preparato una cena sontuosa. Le emozioni del pomeriggio mi avevano messo una fame da squalo! E poi, ripensando alle battaglie che avrei dovuto sostenere quella notte con Annette e Edith, decisi di fare davvero il pieno. Mio padre si era fatto onore con la pesca delle aragoste e ne facemmo davvero una scorpacciata.

Terminata la cena ci spalmammo sui divani e godemmo lo spettacolo del sorgere della luna sul mare. Io avevo appoggiato la testa sulla spalla di mia sorella Jacqueline e lei aveva messo un braccio attorno a me. La dolcezza della brezza leggera, il corpo di Jacqueline che emanava profumo di mare, il tocco delicato delle sue mani che mi accarezzavano i capelli, mi provocarono un dolcissimo stordimento e desiderai che quel momento non avesse mai fine.

Verso le undici, i nonni dettero il via alla evacuazione del ponte, direzione cabine. Poi, come contagiati dalla stanchezza e dal sonno (alcuni davvero, altri, immaginate chi, per finta) lasciammo deserto il ponte.

Mi ritirai nella mia cabina, feci una doccia bollente, mi cosparsi di bagno schiuma al lime che fece assumere alla mia pelle un profumo d’estate e mi preparai ad una intrigantissima notte d’amore con le mie ardenti ed impazienti amiche e, soprattutto, “guest stars”, ospiti d’onore, nientemeno che le mie sorelle.

Entrai di soppiatto nella cabina, che aveva la luce soffusa perché Annette aveva coperto l’abat-jour con un foulard color pesca. Sul lettino di fronte all’ingresso c’erano già distese, Annette ed Edith, che indossavano camicie da notte completamente trasparenti. Stranamente, mi indussi a pensare se quella lingerie altamente erotica facesse parte dell’usuale corredo di ciascuna di loro. Attraverso il tessuto impalpabile Annette giocava, quasi distrattamente, con i capezzoli di Edith, che teneva gli occhi chiusi. Delle mie sorelle nemmeno l’ombra. Mi attraversavano la mente migliaia di pensieri contemporaneamente: non ne avranno avuto il coraggio; Jac sarà riuscita a convincere Vir a non venire; mi hanno preso in giro e nulla più. Ma dopo qualche attimo di incertezza, causato da questi pensieri, mi rituffai nella visione eccitante delle mani di Annette che spaziavano sull’immensità del seno di Edith, che già accennava dei movimenti lenti con il bacino, segno che la cosa le piaceva.

Cominciai lentamente a spogliarmi, si fa per dire, perché ci misi un attimo a farmi scivolare via la tshirt e gli short, che già non riuscivano a trattenere un rigonfio tale che attrasse subito l’attenzione delle mie ragazze distese sul letto. Nudo, mi avvicinai a loro e le baciai, prima Edith, che ricambiò appassionatamente, poi Annette, che subito mi infilò la lingua in bocca per cercare freneticamente la mia e succhiarmela, lasciandomi in bocca il sapore dolce della sua saliva.

Cominciai ad accarezzarle entrambe e poiché mi resi conto che il tessuto che le ricopriva, sia pur finissimo e trasparente, non aveva la stessa consistenza della seta della loro pelle, feci scivolare verso l’alto prima la camicia da notte di Annette, poi quella di Edith. Nude mi sembravano due dee polinesiane. Edith con il seno enorme persino quando era sdraiata e Annette con i capezzoli che si protendevano come pungiglioni.

Lentamente, mentre procedeva il loro massaggio, mi distesi sul lettino e cominciai a baciare i loro corpi: prima quello di Edith, piedi, gambe, cosce. Mentre mi soffermavo all’interno delle cosce cominciai ad avvertire in lei un tremito: ero sulla strada giusta. Tralasciai per un attimo il suo cespuglio rigoglioso, ripromettendomi di prestargli tra non molto tempo la giusta attenzione, e le infilai la lingua nell’ombelico: anche questo le piacque molto.

Mentre baciavo il corpo di Edith, Annette si impossessò del mio arnese rigonfio e cominciò con una lentezza esasperante a massaggiarlo su e giù; la punta era già irrorata di lubrificante e lei faceva scendere fino in fondo la pelle che copriva il glande, poi, con la stessa lentezza, la tirava su per ricoprirlo: una sensazione dolcissima si propagava in tutto il mio intestino. Risalii fino al seno di Edith e mi tuffai con tutto il viso in quella massa morbida e setosa, leccando dappertutto. Giunto ai capezzoli, iniziai a ciucciare con forza. La mia bocca si riempiva tutta della morbidezza del suo seno. Edith reagiva a queste mie attenzioni con brividi che le scuotevano tutto il corpo ed emettendo leggerissimi mugolii di piacere. Le baciai il collo e le labbra: la sua naturale reazione fu quella di aprire avidamente la bocca e lasciare che la mia lingua la esplorasse dappertutto.

Era una serata di sesso sfrenato, però aveva degli aspetti molto romantici, che contribuivano ad elevare molto il livello di erotismo in quella stanza. Mentre baciavo Edith, Annette avvicinò le sue labbra alle nostre. Tre lingue guizzavano frenetiche per incontrarsi in aria, Annette succhiava la mia, io quella di Edith e tutte e tre si toccavano voracemente. Un vortice di frenesia avvolgeva le nostre lingua e portava la nostra eccitazione a livelli pericolosi.

Eravamo nudi e i corpi delle mie due compagne, anche a causa dell’atmosfera tropicale, si coprivano pian piano di un velo di umidità che li rendeva lucidi ed ancor più desiderabili.

Improvvisamente Edith si pose a sedere sul letto, accanto ad Annette che si risollevò dalla sua posizione iniziale e tutte due cominciarono ad occuparsi del mio pisello, con le bocche una di fronte all’altra, semiaperte, lo chiudevano in mezzo e lo facevano scorrere tra di loro. Giunte sul glande, si dividevano i compiti: Annette lo infilava completamente nella sua bocca, mentre Edith mi succhiava le palle, delicatamente. Poi si scambiavano i ruoli. La bocca di Edith era più larga di quella di Annette e riusciva ad introdurre completamente tutto il mio cazzo fino in gola. Io sentivo la punta che toccava contro le pareti bollenti della sua gola. Non avrei mai creduto che fossero così brave: sembrava che per tutta la loro vita non avessero fatto altro che prendere cazzi in bocca e giocarci avidamente, come stavano facendo col mio.

Mi accorsi che ben presto sarei arrivato e mentre accarezzavo dolcemente le teste delle mie compagne glielo annunciai.

Fu come se avessi dato l’annuncio che una pietanza prelibata stava per essere servita in tavola. Gli occhi di Annette si illuminarono e si rivolsero verso Edith, come per dirle di star pronta perché c’era da divertirsi.

Le loro dolcissime manovre ben presto mi fecero perdere ogni controllo: il vulcano che avevo dentro iniziò a spingere verso l’esterno fiumi di lava incandescente che mi attraversavano tutto prima di raggiungere la punta del mio pisello e schizzare nella bocca di Annette, che, avendo capito che cosa stava per accadere, aveva strappato il mio arnese dalle mani di Edith e se lo era piazzato in bocca. Sentendosi riempire la bocca dai primi formidabili schizzi di sperma, prese il mio pisello e lo passò subito nella bocca di Edith, che presumo non aspettasse altro, dato che la spalancò giusto per farsela riempire dai successivi getti. Vedevo entrambe le gole che si contraevano per ingoiare tutto il mio liquido. Spruzzai le ultime gocce in Edith, la quale, finito di ingoiare, rivolse il viso verso Annette e la baciò, in modo che potessero scambiarsi quello che di me era rimasto in loro.

Io non connettevo ormai quasi più. Le gambe mi tremavano più per l’emozione che per lo sforzo di essere rimasto in ginocchio, fermo, per offrire il frutto della mia passione alle mie due ragazze. La nostra intesa sessuale era praticamente perfetta. Con la coreografia di Annette, grande esperta, l’esito era scontato: una eccitazione incredibile, con un solo limite:la sua fantasia.

Guardavo le mie amiche che stavano ancora gustando il sapore del succo che avevo schizzato un attimo prima nelle loro bocche e mi sentivo invincibile, dotato di un potere supremo su di loro.

Poi, naturalmente, dopo un attimo di languida pausa, Annette, la cui fantasia pareva non conoscere tregua, si rimise in moto. Ricominciò a baciare e massaggiare Edith, che fece prima distendere a pancia in giù sul letto, poi mentre le baciava schiena e cosce la fece accovacciare e poggiare sulle ginocchia e sui gomiti, come un cane; poi le allargò le cosce e si mise dietro di lei a leccarla.

Guardavo con aria estasiata le enormi tette di Edith, che penzolavano e andavano avanti e dietro, seguendo i movimenti di Annette tra le sue cosce. Le tette erano talmente grandi che i capezzoli quasi sfioravano la superficie del letto. Mi avvicinai e con le mani cominciai ad accarezzare quelle enormi mammelle pendule come campane che ondeggiavano sotto il tocco sapiente di un campanaro.

Annette, che aveva allargato al massimo le cosce di Edith, con le mani le allargò i glutei, scoprendo un buchino rosa ed umido, al quale avvicinò la lingua, leccandolo con avidità. Edith emise un mugolio profondo, che denunziò il piacere estremo che quel tocco di lingua le provocava, piacere che aumentò ulteriormente quando Annette le infilò completamente la lingua nel buco.

“Hai capito, signorino, cosa sto facendo?” mi chiese Annette “Sto preparando il buchino di questa porca di Edith perché accolga dentro di sé il tuo enorme pisello. Scommetto che non ha mai provato a prenderlo nel culo. A te l’onore di sverginarle il culo” Ascoltare queste parole mi provocò come un attacco di febbre. Brividi bollenti mi scorrevano lungo tutto il corpo ed il mio pisello, inflaccidito dall’orgasmo versato nelle bocche di Edith e Annette era nuovamente turgido e pronto per una nuova avventura, che, secondo le parole di Annette, doveva essere ancora da sballo.

Annette mi prese per mano e mi fece salire sul letto, dietro a Edith. Poi, accarezzandole i glutei, la pancia e le tette, le chiese: “Lo vuoi nel culo il tuo signorino? Ti piace che te lo rompa e che ti riempia tutta con il suo cazzo meraviglioso?

Edith, che cominciava anche lei a connettere poco, tra mugolii ed ansiti, rispondeva. “Si, lo voglio nel culo, il mio bambino, voglio sentirmi piena di lui. Vieni, René, sfondami il culo, piano, però, non farmi male, ti prego”.

Annette mi prese il pisello in mano e lo avvicinò al buchino di Edith, che ormai era inondato dalla sua saliva. Poi mi fece scivolare in basso la pelle del prepuzio, scoprendomi tutto il glande, che era ancora lubrificato per il recente orgasmo, e puntandolo direttamente sul buco di Edith. Lentamente lo spinse dentro. Io avvertii subito la sensazione della stretta violenta del culo di Edith sulla mia punta e mi fermai. Ormai lo sfintere anale era aperto e chiesi a Edith se le facesse male. “No signorino, continua, continua così, mi piace da pazzi” rispose felice Edith. Cominciai a spingere leggermente, ma continuamente, il mio cazzo all’interno del culo di Edith, mentre Annette le accarezzava il clitoride. “Che curioso, padroncino, mentre la inculi il suo clitoride si ingrossa, diventa un cazzetto piccolo piccolo, ma sempre più duro! E io me lo succhio!” Edith aveva completamente perduto il controllo, spingeva con forza il suo culo verso di me ed in questo modo provocava un inserimento ancora più profondo del mio cazzo dentro di lei. Lentamente, ma inesorabilmente, non ne era rimasto fuori nemmeno un centimetro: le mie palle erano tutte a contatto con la sua vagina, che Annette provvedeva a massaggiare con impegno. Sentivo il mio cazzo stretto dalle pareti del culo di Edith come se lo fosse da una mano fortissima. Poi mi ritrassi indietro e cominciai un movimento di va e vieni nel culo di Edith. Sentivo lo splash splash delle mie anche che urtavano contro le sue natiche e questo rumore mi faceva eccitare da pazzi. Annette, non contenta di massaggiare il clitoride di Edith le scivolò sotto e cominciò a leccare tutta la parte inferiore dell’amica, tette, fica, cosce, soffermandosi particolarmente sul clitoride, che era ormai diventato rosso, turgido ed enorme.

Mentre io le stantuffavo freneticamente il culo, Annette, stesa sotto Edith, le succhiava il clitoride, le leccava la fica e leccava anche le mie palle, quando il movimento le avvicinava alla portata della lingua. Edith, dal canto suo, abbassò la testa e le leccò la fica, infilando la sua lingua nella fessura bagnata di Annette.

“Mmmmmm, che bel 69 stiamo facendo in tuo onore, padroncino” diceva Annette, godendosi le leccate dell’amica, mentre Edith esplodeva in orgasmi multipli, accresciuti dal movimento frenetico del mio cazzo nelle sue pareti anali, ormai lubrificate e aperte come la sua vagina. Compresi che non potevo trattenermi ancora. Il solito vulcano iniziava ad esplodere nelle mie viscere. Non sapendo se la mia eiaculazione potesse provocare fastidi ad Edith, le dissi “Edith, sto per arrivare, posso venirti dentro?”

“Sì, padroncino” rispose lei entusiasta “voglio che mi riempi il culo di "sbora", fammi sentire i tuoi schizzi nel mio culo, lo voglio”. Annette, come un’eco, proseguì “Dai, padroncino, fai un clistere di sbora a questa troia, che se la sta godendo; non capisce più nulla, tanto è arrapata. Si aspetta solo di sentirsi il culo annegato della tua sbora e quel poco che non riuscirà a trattenerselo nel culo me lo leccherò io, che sono già in posizione”.

Infatti Annette era ancora stesa sotto Edith, con la lingua a contatto della sua fica e del suo clitoride, che stuzzicava ancora, provocandole dei tremiti convulsi.

Non ne potetti più ed eccitato ancora di più dal discorso di Annette, scoppiai nel culo di Edith, riversandole dentro quel che mi sembrava un fiume di sperma. Le contrazioni del mio pisello non avevano mai fine e ad ogni contrazione partiva uno schizzo che penetrava a fondo nel culo di Edith, nel quale spingevo sempre più profondamente il mio cazzo. Confuso ed eccitato com’ero, non avevo più pensato all’evento più eccitante che avrebbe potuto verificarsi quella notte: la visita delle mie sorelle. Me ne resi conto quasi improvvisamente, dopo aver riversato l’ultimo fiotto di sperma nel culo di Edith e mi guardai attorno: la stanza era vuota. Le mie sorelle non erano venute: una delusione enorme mi assalì e spezzò per un attimo la gioia e la frenesia di quella esperienza nuova che le ragazze mi avevano fatto provare. Era la prima volta che avevo provato a metterlo nel culo di qualcuno, ed era stato meraviglioso.

Io mio pisello, piano piano, cominciò a sgonfiarsi ed io lentamente, lo estrassi dal culo di Edith, che continuava ancora ad ansimare e a mugolare. Poi mi resi conto che Annette non aveva mai smesso di leccarle fica e clitoride. Anzi, mentre io estraevo il mio cazzo, dal buco del culo ormai completamente allargato di Edith sgorgò un fiotto di sperma, che scomparve immediatamente nella bocca di Annette, che, con aria sognante, lo ingoiò.



Fine Capitolo 3
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